L’amianto, chiamato anche indifferentemente “asbesto”, è un minerale a struttura fibrosa con buone proprietà fonoassorbenti e termoisolanti che, unicamente alla economicità, è stato largamente utilizzato in passato in innumerevoli applicazioni industriali ed edilizie ed in molti prodotti di uso domestico.
Per dare un esempio dell’estrema finezza delle fibre di amianto basti pensare che in un centimetro lineare si possono affiancare 250 capelli umani, 1500 fibre di nylon e 335.000 fibre di amianto. È proprio questa caratteristica che rende le fibre di amianto potenzialmente pericolose e che ha portato a tutta una serie di normative specifiche, relative alla produzione, all’impiego e allo smaltimento dell’amianto.
L’amianto, legato a matrici resistenti e stabili costituisce i materiali cosiddetti compatti (es: il cementoamianto o eternit); legato con matrici non compatte (es: il materiale spruzzato) costituisce i materiali friabili. Per definizione un materiale contenente amianto è friabile se può essere ridotto in polvere con la sola pressione delle dita, compatto se è necessario usare strumenti meccanici per ridurlo in polvere.
Pertanto, nei prodotti le fibre si possono presentare sia libere o debolmente legate sia fortemente legate; nel primo caso si parla di amianto in matrice friabile, nel secondo caso invece di amianto in matrice compatta (come il cemento-amianto il vinyl-amianto).
Con il tempo però questo materiale si è rilevato nocivo per la salute dell’uomo per la sua proprietà di rilasciare fibre che, se inalate, possono provocare patologie gravi ed irreversibili a carico dell’apparato respiratorio e delle membrane sierose, principalmente la pleura (mesoteliomi). E’ dal 1943 che l’asbestosi (malattia a carico dell’apparato respiratorio), è inserita nell’elenco delle malattie professionali con l’obbligo di assicurazione. L’amianto quindi è sicuramente pericoloso soltanto quando può disperdere le sue fibre nell’ambiente.
Quando è entrato in vigore la legge n. 257/92, la materia era regolamentata dal DPR n. 915/82 e dalla deliberazione del Comitato Interministeriale del 27 luglio 1984. Secondo queste norme i rifiuti di amianto erano classificati in base al contenuto di amianto in “polveri e fibre libere”. La concentrazione limite perché il rifiuto di amianto fosse considerato “tossico e nocivo” era di 100 mg/kg (0,01%). Lo smaltimento in discariche per rifiuti speciali non tossici e nocivi era comunque consentito fino ad una concentrazione di 10.000 mg/kg (1%). Non vi era alcuna indicazione tecnica sul metodo analitico da seguire per determinare la cosiddetta concentrazione in fibre libere.
Con legge 27 marzo 1992, n. 257, sono state dettate a livello nazionale le norme per la dismissione progressiva, la cessazione dell’impiego dell’amianto.
Con D.P.R. 8.08.1994 “Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per l’adozione di piani di protezione, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica dell’ambiente, ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall’amianto”, sono state emanate disposizioni per le Regioni.In seguito sono stati emanati numerose altre normative nel settore.
Si evidenziano, in particolare il D.M. 6.09.1994 “Normative e metodologie tecniche di applicazione dell’art. 6, comma 3, e dell’art. 12, comma 2, della legge 27 marzo 1992, n. 257, relativa alla cessazione dell’impiego dell’amianto” ed il D.M. 14 maggio 1996 recante: “Normative e metodologie tecniche per gli interventi di bonifica, ivi compresi quelli per rendere innocuo l’amianto, previsti dall’art. 5, comma 1, lett. f), della legge 27 marzo 1992, n. 257, recante: Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto”. Questi ultimi provvedimenti normativi sono norme di riferimento nell’ambito dell’articolato di Legge regionale 4 agosto 2009, n. 11.
Successivamente, l’art 6 del DPR 8.8.1994, ha introdotto la possibilità di smaltire in discariche per rifiuti inerti (discariche di seconda categoria di tipo A), anche i rifiuti di amianto non tossici e nocivi, costituiti da materiali in matrice cementizia o resinoide, provenienti da attività di demolizione.
La legge n. 257/1992 dispone che i piani predisposti dalle regioni, tra l’altro, prevedano il censimento delle imprese che utilizzano ed hanno utilizzato l’amianto nelle rispettive attività produttive nonché delle imprese che operano nelle attività di smaltimento o di bonifica (art. 10, comma 2, lett. b) ed il censimento degli edifici nei quali siano presenti materiali o prodotti contenenti amianto libero o in matrice friabile, con priorità per gli edifici pubblici, per i locali aperti al pubblico o di utilizzazione collettiva e per blocchi di appartamenti (art. 10, comma 2, lett. 1).